2017 Progetto di volontariato VIS FISIEO | Lo shiatsu in una Casa Famiglia per Anziani

Lo shiatsu come sostegno, solidarietà, opportunità e risorsa di un gruppo di anziani nella quotidianità della vita in una casa famiglia, dove, benché le attenzioni e la professionalità degli operatori, l’anziano è solo con i suoi anni e le limitazioni che questi comportano.

Prendendosi cura non solo degli aspetti fisici, ma anche emotivi, contestuali e relazionali permette all’anziano di avere maggiore fiducia in se stesso e nelle proprie possibilità.
Si è voluto guardare all’anziano per come si presenta con le sue fragilità, le risorse sorprendenti che sa mettere in gioco, le preoccupazioni che lo accompagnano, i disagi e le meravigliose emozioni che si porta dentro. Si è voluto dare sollievo alle
limitazioni e alle conseguenze spesso dolorose che queste comportano, migliorare il benessere dell’individuo e aiutare a vivere il presente con consapevolezza e serenità.

Descrizione sintetica del progetto:

  • Trattamenti shiatsu settimanali;
  • Pratica di ginnastiche dolci;
  • Pratiche di rilassamento e di respirazione;
  • Promozione delle buone abitudini per mantenere le condizioni di benessere;
  • Pratica di contatto e di aiuto reciproco in brevi fasi di auto-trattamento.

Il progetto nasce da un incontro fortuito con il Presidente della Casa Famiglia per Anziani “L’Oasi dei Nonni” di San Nicola La Strada in una fase importante della mia vita, in cui ritenevo giunto il momento di dedicarmi anche agli altri, intesi come l’altro, il prossimo, l’esistente fuori di me e della mia famiglia, il bisognoso di cure.
Ho avanzato al Presidente dell’allora nascente VIS Fisieo (Volontariato Italiano Shiatsu Fisieo) un progetto di volontariato per portare lo shiatsu in quel nucleo di anziani, che erano chiamati “nonni” per sottolineare l’affetto e l’amore che doveva caratterizzare ogni gesto degli operatori che a diversi livelli erano lì ad assisterli.
Questa esperienza mi ha consentito di vivere nel profondo la fragilità, il bisogno, il dolore, la solitudine, la chiusura di vite che lentamente volgono al tramonto, non più autonome, interessate anche da più patologie limitanti. Il dolore per loro non sempre, anzi quasi mai, è solo un dolore fisico, ma è un dolore di dentro di persone che hanno dovuto lasciare le loro case, la famiglia e che nel tempo hanno perso affetti, amicizie, le proprie cose e, man mano anche le forze fisiche, la voglia di lottare; tutto questo anche nelle migliori condizioni possibili di assistenza.

Anche in questo caso c’è stata una stretta collaborazione con le altre professionalità della struttura, in modo particolare con la psicologa. Agli inizi ero aiutato io dalla presentazione che di volta in volta mi faceva degli ospiti e delle problematiche psicofisiche che li accompagnavano, ma poi, negli incontri che facevamo con una certa cadenza, anche lei faceva tesoro delle valutazioni che scaturivano dai
trattamenti shiatsu, che con cadenza quindicinale, tutti gli ospiti ricevevano il più delle volte sul loro letto, o ove possibile in poltrona o su lettino appositamente predisposto in ambiente adatto.
Il più delle volte il contatto e l’ascolto governavano e dirigevano il trattamento. In quel contatto si esprimeva il dialogo profondo non verbale, che lo shiatsu è capace di produrre. Spesso il trattamento veniva da sé, trovava i suoi canali, seguiva la via del dolore da alleviare, altre volte la via del tempo che passa e dei ricordi, e ancora la via delle passioni che hanno lasciato il segno, la via dei figli lontani, degli amori vissuti, dei congiunti che non ci sono più, la via delle cose fatte e di quelle lasciate, la via della fiducia che infonde il tocco, la via della comprensione delle cose dette con gli occhi e con la fragilità del corpo, con le mani che stringono e che ti trattengono.

Sono diversi anni che faccio shiatsu e dallo shiatsu e dai riceventi ho avuto veramente tanto; se amo profondamente questa professione, questa arte divenuta passione, ricerca e studio, lo devo molto anche a loro, agli ospiti di quella Casa Famiglia che non potrò mai dimenticare, ai loro silenzi così comunicativi, alla loro fragilità, a quella consapevolezza dell’avanzare dell’età, a quel chiudersi per non rifiutare ma per conservare le meravigliose emozioni che si portavano dentro, le risorse sorprendenti che durante il trattamento mettevano in gioco.
L’obiettivo era di dare sollievo alle limitazioni spesso dolorose, contribuire a migliorare il loro benessere, aiutarli a vivere il presente con consapevolezza e serenità. Non so se ci sono almeno in parte riuscito, ma sono sicuro che loro a me hanno dato tanto ed hanno sicuramente contribuito a rendere la mia vita migliore.
Qualcuno ha detto o scritto che operatori e riceventi diventano l’uno opportunità per l’altro: con i “nonni” di questo bellissimo progetto ho avuto l’opportunità di sperimentarlo.

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